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<p>Il 16 settembre si è avuta notizia dalla stampa che il ministro delle Pari Opportunità e della Famiglia, Elena Bonetti, avrebbe twittato "<em>Se mi hanno lasciato nel cassetto una copia del ddl #Pillon</em>?- Non mi sono informata ma per quanto mi riguarda<strong> </strong>resterà nel cassetto". Ed il senatore della Lega<strong> </strong>Simone Pillon<strong> </strong>avrebbe replicato: "<em>Il Pd pur di</em><strong><em> </em></strong><em>vendicarsi del Carroccio</em><em> calpesta i diritti dei più piccoli". </em><br></p><p>In molte occasioni fra tecnici esperti delle relazioni familiari - di area giuridica, psicologica e sociologica - abbiamo riflettuto sulla riforma proposta dal senatore Pillon con il ddl “<em>Norme in materia di affido condiviso, mantenimento diretto e garanzia di bigenitorialità</em>”. In questo articolo spiego le ragioni per le quali, a mio parere, quella proposta non può considerarsi a misura di bambino e nell’interesse dei più piccoli.</p> <p> </p> <p><strong>Chiamami col mio nome</strong> </p> <p><i>Carla Marcucci</i></p> <p>Articolo pubblicato da AIADC in <a href="http://www.praticacollaborativa.it">www.praticacollaborativa.it</a><strong> </strong>il 30 settembre 2018.</p> <p> </p>
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