La Pratica Collaborativa

Quando dobbiamo affrontare un conflitto non abbiamo bisogno di qualcuno che ci dia ragione, le nostre ragioni le conosciamo benissimo da soli; non abbiamo bisogno neppure di qualcuno che ci dia torto, ci pensa già l’altro a farlo. Abbiamo bisogno di avere accanto a noi persone che ci aiutino – noi e l’altro/a - a capire che la nostra storia può essere raccontata in modo diverso e che la cosa più importante è non cadere nella trappola del conflitto.

Abbiamo bisogno di stare tutti uniti, per fare un pezzo di strada ancora insieme, per separarsi davvero e proseguire poi indipendenti l’uno dall’altro/a grazie ad una soluzione condivisa che rappresenta il nostro passaporto per il viaggio nel futuro. Una buona separazione è la premessa per una buona vita futura.
La Pratica Collaborativa propone uno contesto, un metodo e un team professionale studiati per rendere più probabile che tutto ciò avvenga.








Se ci sono figli?

Se a separarsi sono persone che hanno figli in comune vengono contemporaneamente interpellate da bisogni contrastanti: da un lato, il bisogno di rendersi autonome l’una dall’altra realizzando in concreto la fine della loro storia sentimentale; dall’altro il bisogno dei figli, che proprio in quel momento cercano nei genitori il massimo aiuto per affrontare la fatica della riorganizzazione delle relazioni familiari. La tentazione talvolta è allora quella di cercare all’esterno una soluzione, delegando ad altri la responsabilità delle decisioni relative ai figli, molte volte al Giudice, il più autorevole di tutti gli altri.

I figli, però, si aspettano risposte e sostegno dai genitori, non da altri, meno che mai da un giudice estraneo alla loro vita. Lasciare che sia un tribunale a decidere i ritmi di vita dei propri figli, i tempi di permanenza presso l’uno e l’altro genitore, le modalità di mantenimento è sempre una sconfitta, anche se la decisione fosse la più giusta e la più tempestiva.

La Pratica Collaborativa aiuta i genitori a rispondere positivamente a questo appello dei figli, a rimanere i loro punti di riferimento, senza deleghe a terzi, imparando a fare quel salto acrobatico ma possibile e necessario che consente di rimanere genitori insieme senza più essere una coppia.

I genitori sono aiutati a confrontarsi e a capirsi, a focalizzarsi sul benessere dei figli, a progettare un futuro per loro concentrandosi più su cosa sia meglio da quel momento in poi piuttosto che su cosa ciascun genitore ha fatto di giusto o sbagliato fino ad allora perché loro due sono capaci di fare tutto questo meglio di chiunque altro, se messi nella condizione di farlo insieme e non l’uno contro l’altro.


Cos'è?

La Pratica Collaborativa nasce negli Stati Uniti nel 1990 dall’idea geniale di un avvocato matrimonialista, Stue Webb, che intuì come sia importante creare deliberatamente un contesto favorevole al raggiungimento dell’accordo piuttosto che lasciare al caso che si creino le condizioni favorevoli ed un clima propizio ad ipotesi conciliative.

Esistono contesti - ossia tavoli - che favoriscono e nutrono il conflitto, a prescindere dalla volontà delle parti e dei loro avvocati, ed altri che favoriscono e facilitano la soluzione bonaria del conflitto. Scegliere il tavolo attorno al quale vogliono sedersi è dunque cruciale per le persone che si accingono ad affrontare un conflitto e tale scelta è preliminare ad ogni altra considerazione. Da tale scelta, infatti, dipenderà l’applicazione di regole del gioco molto diverse fra loro. “Come voglio affrontare il conflitto?” è domanda da porsi prima di quella “Cosa voglio ottenere?” .

La Pratica Collaborativa si regge su poche regole, chiarissime e d’immediata comprensione, che ci impegniamo tutti – parti e professionisti - ad osservare sedendoci a quel tavolo.

Le parti sono competenti e restano protagoniste - Le persone in conflitto accettano di essere protagoniste della soluzione di tale conflitto. La soluzione del conflitto è nelle mani dei diretti interessati. Loro conoscono il modo migliore di risolverlo perché sanno quali sono i bisogni e gli interessi che perseguono con le posizioni che esprimono. Sono loro gli esperti!

Il team interdisciplinare e il mandato limitato/finalizzato - I professionisti che assistono le parti in conflitto e le accompagnano durante la procedura collaborativa condividono la stessa formazione alla Pratica Collaborativa, condividono dunque, prima ancora che una tecnica e un metodo, anche un’idea del significato della separazione, e del modo migliore per affrontarla, osservano gli stessi principi e s’impegnano a non rappresentare il proprio cliente in un eventuale futuro giudizio contenzioso che venisse intrapreso fra le stesse parti per la soluzione di quel conflitto, qualora la procedura collaborativa non avesse avuto esito positivo.

Gli avvocati sono necessariamente due, uno per ciascuna parte, e rappresentano i componenti indispensabili del team professionale che generalmente si arricchisce di altri esperti che, a differenza degli avvocati, sono “neutrali”, uno per entrambe le parti – il facilitatore della comunicazione e/o l’esperto finanziario e/o l’esperto dell’età evolutiva - secondo le esigenze e le necessità di ogni singolo caso.

I principi - Buona fede, trasparenza e riservatezza sono i principi cardine, collegati strettamente fra loro, che connotano tutta la procedura collaborativa perché le parti devono avere tutte le informazioni rilevanti per decidere un accordo e allo stesso tempo sapere che le informazioni ricevute non saranno oggetto di strumentalizzazioni e rimarranno riservate.

La negoziazione basata sugli interessi - In questo contesto reso particolarmente sicuro dall’osservanza dei principi e delle regole indicate – un vero e proprio contenitore collaborativo - le parti, assistite dai professionisti, negoziano sulla base degli interessi e non delle posizioni. Questo modo di negoziare consente di passare dall’alternativa di due posizioni contrapposte, in riferimento alle quali una sola potrebbe vincere contro l’altra che rimarrebbe sconfitta, alla creazione di un ricco ventaglio di possibili opzioni per soddisfare gli interessi di entrambe le parti e raggiungere un accordo duraturo e sostenibile.


Come funziona?

Poiché il procedimento collaborativo pone al centro le persone che lo scelgono come metodo per risolvere il loro conflitto esso si adatta alle necessità del caso concreto. Regole, principi e divieti della Pratica Collaborativa non possono essere messi in discussione mentre tutto il resto viene adeguato al migliore funzionamento della procedura per chi la sta utilizzando. Quella che segue rappresenta solo un’estrema sintesi generale di un procedimento collaborativo molto articolato.

La scelta – Dopo avere esaminato con l’avvocato collaborativo quale sia la modalità più appropriata per gestire il proprio specifico conflitto ed avere optato per la Pratica Collaborativa il cliente verrà preparato a proporre all’altra parte tale metodo, sempre che non venga valutato più opportuno, per le caratteristiche del caso, che vi sia un contatto formale con lettera del professionista.

L’individuazione del team professionale - Se l’altra parte avrà condiviso la scelta del metodo e si sarà munita di un avvocato collaborativo pure lei si passerà all’individuazione del team professionale decidendo chi coinvolgere, a seconda delle specifiche caratteristiche del caso, quale esperto neutrale: il facilitatore e/o l’esperto dell’età evolutiva e/o l’esperto finanziario, ciascuno di loro necessariamente formato anche alla Pratica Collaborativa. Tali professionisti possono entrare a far parte della squadra dall’inizio, come solitamente avviene per il facilitatore della comunicazione, o anche in un momento successivo.

La sottoscrizione dell’Accordo di partecipazione - Il procedimento inizia con la sottoscrizione dell’Accordo di partecipazione con la quale le parti s’impegnano al rispetto dei principi della Pratica Collaborativa ed i professionisti a pretendere dalle parti un comportamento rispettoso di tali principi e a non assistere i clienti in eventuali contenziosi che li vedessero contrapposti nel caso in cui il procedimento collaborativo fallisse.

Le riunioni congiunte - Il procedimento collaborativo si articola in varie riunioni congiunte con la partecipazione di parti e professionisti durante le quali s’individuano gli interessi delle parti sottese alle loro posizioni, si condividono le informazioni rilevanti, ivi compresa l’informazione sul diritto, si negozia sugli interessi utilizzando tecniche appropriate quali, ad esempio, il brainstorming e modalità di comunicazione e di ascolto che favoriscano la comprensione reciproca, si creano le varie opzioni, si valutano i pro e i contro di ciascuna di esse per arrivare ad individuare, alla fine, una soluzione che soddisfi le esigenze di tutti.

Fra una riunione congiunta e l’altra – Perché le riunioni congiunte funzionino bene è necessario che parti e professionisti vi arrivino molto ben preparati, non a supportare con efficaci argomentazioni una propria proposta ma per lavorare a più mani, per costruire insieme la migliore soluzione possibile. Fra una riunione congiunta e l’altra, dunque, ciascun avvocato prepara il proprio cliente a stare al tavolo collaborativo e le parti possono ricevere un ulteriore supporto anche dall’esperto neutrale che sia parte del team. Fra una riunione congiunta e l’altra anche il componenti del team professionale si tengono in costante contatto organizzando sessioni fra loro, prima e dopo quelle congiunte, per scambiarsi feedback ed organizzare il lavoro successivo.

La formalizzazione dell’accordo – A conclusione del procedimento viene elaborato e sottoscritto l’accordo raggiunto che potrà poi essere formalizzato in un ricorso congiunto da far ratificare dall’autorità giudiziaria, a meno che non sia stato deciso dall’inizio di dargli una veste diversa utilizzando la negoziazione assistita. Durante il procedimento possono anche essere sottoscritti accordi parziali mentre si continua a lavorare all’accordo complessivo e finale.

Altri esiti del procedimento – Le parti che siedono al tavolo collaborativo sono libere di lasciarlo in ogni momento perché la Pratica Collaborativa può essere solo volontaria. Il procedimento s’interrompe se una delle parti revoca la propria adesione ad esso, se instauri un giudizio in via contenziosa avente il medesimo oggetto, se revochi il mandato all’avvocato collaborativo o se questi rinunci al mandato e non venga nominato altro avvocato collaborativo nell’arco di tempo prestabilito. Gli avvocati collaborativi devono rinunciare al mandato qualora i clienti agissero in violazione dei principi della Pratica Collaborativa (ad esempio, rifiutassero di condividere un’informazione rilevante).